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                                   “VIVERE- La primavera al Covid-19”      di Aletti Editore

 

PREFAZIONE di Alessandro Quasimodo          

 “…Alla primavera non importa la tragedia che si sta consumando in altri spazi lontani, continuando, così, il suo divenire…” Queste righe, tratte da “Vivere”, sottolineano il divario tra la natura che continua ciclicamente il suo corso e la tragedia dell’uomo contemporaneo, colpito da un virus che semina vittime e sconvolge la quotidianità. Per analogia, possiamo ricordare “Pianto antico”, scritto nel 1871 da Carducci, che esprime sgomento di fronte alla morte del figlio Dante di soli tre anni: “L’albero a cui tendevi/ la pargoletta mano,/ il verde melograno/ da’ bei vermigli fior/ nel muto orto solingo/ rinverdì tutto or ora…/ tu de l’inutil vita/ estremo unico fior,/ sei nella terra fredda,/ sei nella terra negra;/ né il sol più ti rallegra/ né ti risveglia amor:”

Le antitesi presenti nella lirica, che fa parte di “Rime nuove”, tra ombra e luce si ritrovano nella raccolta di Antonia Doronzo, che sceglie il prosimetro come genere letterario. Prevale infatti la prosa, anche se alcuni testi sono in versi per dare rilievo a tematiche che stanno maggiormente a cuore all’autrice. Si nota una struttura narrativa, in quanto la vicenda si basa, soprattutto, su due personaggi che abitano a Roma: Oriana e Bruno. Felicemente sposati, assistono alla genesi e all’evoluzione del Covid 19 in Italia. La loro vita, serena e tranquilla, è turbata dalle notizie che svelano i rischi e la diffusione rapida di tale epidemia. La coppia è costretta a potenziare senso civico e distanziamento sociale, rinunciando a incontrare figli e nipoti. Non si perde, però, l’affetto verso i propri cari, cambiano soltanto le modalità. Coraggio e forza d’animo aiutano a formulare obiettivi nuovi; la speranza suggerisce di superare ostacoli in una ricerca interiore costante. Leggere, conversare, riflettere generano vitalità che è motore indispensabile nel proseguire, anche se con difficoltà, il proprio cammino. La fede in Dio e il desiderio di aiutare chi è meno fortunato alimentano la spiritualità autentica. Alla situazione attuale si affianca la rievocazione di momenti del passato.

Si crea una relazione tra episodi vicini a noi e lontani, rivisitati dalla memoria. Pensiamo all’accostamento tra l’amore possessivo che, nel 2020, può sfociare nel femminicidio e la storia di Paola e Umberto nel 1976: “Eppure appariva dolce, comprensivo,/ ma la gelosia ha preso il sopravvento/ e la fragilità dell’uomo amato/ si è trasformata in violenza,/ in una notte di luna piena/ mentre le stelle stavano a guardare/ un amore malato ridotto in cenere.” Interessante il collegamento tra la notte prima degli esami di maturità, dopo mesi di didattica a distanza, e quella del 1972, quando Oriana era a Torino. Tutto allora sembrava emozionante: l’impegno sociale, gli autori preferiti, le attese. Purtroppo gli studenti, in questo periodo, sono, per forza di cose, costretti a dimenticare il confronto diretto con i compagni a scuola e le serate impegnate a discutere e a trascorrere il tempo insieme. Sorgono quesiti sulle cause del dolore e sul ruolo del caso nella nostra esistenza. Diventa impossibile rispondere, ma si può cercare di valorizzare ogni istante e ogni aspetto del nostro itinerario sulla Terra, tenendo lo sguardo fisso verso il solstizio estivo, simbolo di una vera rinascita.

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                    “SOGNARE L’IMPOSSIBILE”   

    di Aletti Editore

Prefazione di Giuseppe Aletti

È un’esperienza rigenerante, inoltrarsi nella lettura delle poesie di Antonia Doronzo Manno, presentate nel libro “Sognare l’impossibile”. La freschezza e la vitalità delle rime, cariche di slanci vigorosi, testimoniano l’immenso amore per la vita, che diventa smisurata gratitudine per tutte le meraviglie che il creato ci dona.

Un respiro a pieni polmoni nella natura descritta dalla poetessa ci permette di trovare sollievo nella poesia, soprattutto quando la realtà pone davanti ai nostri occhi le sue sembianze spoetizzanti.

Vengono alla mente, a questo proposito, i celebri versi di Gibran dedicati all’importanza dell’arte poetica per l’umanità, in quella che è tra le più suggestive descrizioni rilasciate sulla poesia, che inizia con questa incantevole immagine:

“La poesia è il salvagente / cui mi aggrappo” e da lì sono elencate alcune situazioni di difficoltà in cui il poeta riceve sollievo grazie a questa meravigliosa arte.

Così anche per Antonia, la poesia è salvezza, è speranza. Le sue poesie affinano lo sguardo, illuminando gli aspetti essenziali al nostro vivere, ciò che nelle nostre vite realmente conta e resta del nostro viaggio. È una poetica tesa a riscoprire l’autenticità dell’esistere e le sue meraviglie. Obbedendo a questa sentita finalità, si avvale di un linguaggio cristallino, cadenzato e foneticamente gradevole. Nei versi di Antonia, è forte il desiderio di ricucire lo strappo tra il genere umano e la natura, di cui sono rimate le bellezze.

Già in apertura del volume, ve n’è un bell’esempio con la poesia “Coriandoli di luce”, i cui versi finali recitano: “Guardavo inebriata tanta bellezza, / pensando all’umana avidità / di vite consumate in bianco e nero / nel distruggere il nostro creato, / culla universale di religioso amore”.   

Il respiro del poeta nasce nel respiro del mondo. La sua vita è in stretta connessione con l’universo, di cui segue con incanto e trasporto le manifestazioni, che placano l’animo e schiariscono orizzonti.

Anche un tragitto in auto può originare osservazioni:

“Filari di alberi si mescolano / alle riflessioni in auto”. In empatia con le gioie e i dolori di altre vite che abitano il globo, non potevano mancare poesie di carattere sociale, anche di forte impatto emotivo.

L’opera, presentata nelle quattro sezioni in cui è suddiviso il libro, spazia da aspetti personali ad universali; dagli affetti privati allo sguardo sulle cose intorno; all’evocazione di ricordi; mostrandoci l’intensità racchiusa in una singola vita e l’abile penna di Antonia Doronzo Manno nel saperla raccontare con sentimento.

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Gregory Peck

Eldred Gregory Peck nacque il 5 aprile 1916, figlio unico di Gregory Pearl Peck, un farmacista di origini irlandesi parente dello scioperante della fame Tomás Pádraig Ághas, e Bernice Ayres, un'insegnante di origini scozzesi che divorziarono quando aveva 5 anni. Una volta tornato a Los Angeles, s'iscrisse al Neighborhood Playhouse per intraprendere la carriera di attore.

Il cinema

Subito dopo girò Le chiavi del paradiso , nel ruolo di un giovane prete, per cui ottenne la sua prima candidatura all'Oscar, seguito l'anno successivo da La valle del destino ,accanto a Greer Garson. Il film, che mostrò un volto nuovo dell'attore, più tormentato e misterioso, ebbe un tale successo che Peck venne successivamente chiamato a lavorare con altri grandi maestri della regia, come Clarence Brown per Il cucciolo ,per il quale ottenne la seconda candidatura all'Oscar, King Vidor per il western Duello al sole , in cui recitò insieme a Jennifer Jones e Lionel Barrymore, ancora Hitchcock per il legal-thriller Il caso Paradine , in coppia con Alida Valli, e infine Elia Kazan in Barriera invisibile , un duro atto di accusa contro l'antisemitismo che procurò a Peck la sua terza candidatura all'Oscar. Il decennio si chiuse con il film bellico Cielo di fuoco , che gli valse la quarta candidatura all'Oscar, e i due western Cielo giallo e Romantico avventuriero .

Gregory Peck nel film Le nevi del Chilimangiaro

Durante gli anni cinquanta Peck consolidò il suo enorme successo sul grande schermo e la sua popolarità presso il pubblico. Dopo il biblico David e Betsabea con Susan Hayward e il western L'avamposto degli uomini perduti , interpretò la figura di Ernest Hemingway in Le nevi del Chilimangiaro , affiancato nuovamente a Susan Hayward e ad Ava Gardner, mentre l'anno successivo fu diretto da William Wyler nella commedia romantica Vacanze romane , accanto a Audrey Hepburn, dove impersonò l'affascinante giornalista che si innamora della principessa in fuga.

Gregory Peck a Cannes nel 2000

Il film Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan consacrò Gregory Peck, facendogli vincere il premio Oscar al miglior attore nel 1963, grazie alla sua interpretazione dell'avvocato idealista Atticus Finch. Lee Thompson con Robert Mitchum, ...e venne il giorno della vendetta di Fred Zinnemann e Arabesque di Stanley Donen, in cui affiancò Sophia Loren, La notte dell'agguato di Robert Mulligan, in coppia con Eva Marie Saint, e L'oro di Mackenna di J. Da ricordare anche la sua interpretazione nella commedia I soldi degli altri , nel ruolo di Andrew Jorgenson, proprietario di una piccola ditta specializzata nella produzione di fili e cavi.

 

(foto:Film screenshot from the film The Snows of Kilimanjaro)

 
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AFORISMI di M.V.Avantaggiato

 

  1. Se non trami….tremi!
  2. I gatti hanno sette vite…ma le gatte morte ne hanno molte di più…!
  3. Non ti devi amare, ti devi armare! (Aforisma battagliero)
  4. Non ti devi armare, ti devi amare! (Aforisma pacifista)
  5. Ci si innamora sempre di sconosciute…. Il problema nasce quando le sposi!
  6. Ci sono tre certezze nella vita: la morte; le tasse; la scarsa possibilità di comprendere l’altro sesso. (Le certezze non sono più due come affermava B. Franklin) 
  7. La vita è, per certe persone, come un’arancia….. ti rendi conto, purtroppo per loro, che non c’è molto succo!!! 
  8. Più che un apripista…un priapista! 
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A silvia di Giacomo Leopardi

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.
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