AULO QUINTILIO PRISCO
Ai primi bagliori
del giorno
quando il sole
spunta all'orizzonte
il tuo monumento
s'illumina
e inizia a narrare
la tua storia.
Scultura rupestre
il tuo epitaffio
in forma di tempietto
ricorda, ricorda.
Vibra la natura
verdeggiante
che lo cinge,
lo sfiora leggera
la carezza leggiadra
del vento.
Frotte di bimbi
misteriosamente
sorgono tra le fronde
e cantano melodie arcane.
"Noci e dolcetti mielati
hai dato a noi
In eredità,
augurio di ricchezza
e posterità".
Le fate restano
a custodia.
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Questa poesia, dedicata ad Aulo Quintilio Prisco, evoca un'atmosfera sospesa tra memoria storica e immaginazione fiabesca. Il testo celebra il legame tra il monumento funebre e il paesaggio che lo circonda, facendo dialogare la staticità della pietra con la vitalità della natura e del ricordo collettivo.
La descrizione iniziale, con il sorgere del sole che illumina il monumento, sottolinea il potere della luce come elemento rivelatore, capace di far "narrare" al monumento la storia del personaggio a cui è dedicato. L'immagine del tempietto come epitaffio rupestre richiama l'antichità, ma il verbo "ricorda" ripetuto due volte imprime al componimento un monito universale: la memoria come atto di conservazione e celebrazione.
La seconda parte introduce una dimensione più intima e magica, dove la natura si anima con il vento che sfiora leggero e con i bimbi e le fate che custodiscono il luogo. Questa trasformazione del reale in mito aggiunge una sfumatura lirica e onirica, trasformando il monumento in un simbolo di continuità tra passato e presente.
Infine, il riferimento a "noci e dolcetti mielati" e all’augurio di ricchezza e posterità arricchisce il componimento di un senso di gratitudine verso il lascito di Quintilio, enfatizzando l’idea di eredità spirituale e materiale.
Nel complesso, la poesia è un omaggio suggestivo e armonioso alla figura di Aulo Quintilio Prisco e alla sua eterna connessione con il mondo naturale e umano.
Intervista alla poetessa..
Quale ruolo gioca la natura nella sua poetica?
La Natura è ciò che sta davanti e intorno a me, nella quale sono immersa dalla nascita; ma è
anche interna a me. È la “grande madre” che ci nutre, ci alimenta, ci guida. Da lei si
traggono anche
Quando scrive, pensa a un pubblico specifico o considera la poesia un dialogo con se
stessa?
Nella prima ispirazione e stesura del testo è un dialogo intimo; ma a mano a mano che
scrivo e rileggo e correggo, mi accorgo di essere in colloquio interiore con un pubblico
presente davanti alla mia scrivania, che interagisce con me sui sentimenti che esprimo,
perché comuni ad ogni essere umano. Mi immedesimo nella storia dell’Uomo.
Quale autore o autrice del passato sente particolarmente vicino al suo stile o alla sua
visione poetica?
I Classici greci e latini; i Classici della letteratura italiana, francese e inglese. Mi sono
nutrita nei miei anni scolastici delle loro opere.
Come affronta il blocco creativo, quando si presenta?
Penso che sia naturale attraversare l’aridità del blocco creativo. Ogni tanto succede.
Stanchezza, pigrizia, ma anche tempo dell’attesa per non essere banale nel poetare. Lo
accetto e aspetto. Intanto, nell’attesa che la vena si risvegli, mi diletto in studi storici,
filosofici e artistici.
Se la sua poesia fosse un colore o una musica, quale sceglierebbe e cosa
rappresenterebbero per lei?
Il colore? l’arcobaleno. Vibrazioni di luci e colori, penombre e chiara luminosità. La vita è
variegata ed ogni giorno ha il suo bagaglio di luci e ombre, di serenità e tristezza. Ma su
tutto vince la speranza (verde) e la luce (giallo e rosso) e la serenità (l’azzurro).
Per la musica penso alle nove sinfonie di Beethoven. Un ricco ventaglio di emozioni, attese,
aspettative, dolore e gioia. In particolare la Quinta, il “destino”; la Sesta, conosciuta come
“Pastorale”, grande affresco ed evocazione della Natura e dei suoi paesaggi, “più
espressione del sentimento che pittura dei suoni”; la Nona, nella cui musica Beethoven ha
cercato di comunicare un messaggio di speranza e di unità.