La casa dei ricordi - Letture - stellevip

Il Pittore dei sogni

C'era una volta un pittore di nome Leo che viveva in una piccola città costiera. Leo era noto per le sue opere d'arte straordinarie, che sembravano catturare l'essenza stessa dei sogni

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■■■BITHfinito●●●●● di STEPHEN

■■■BITHfinito●●●●● di STEPHEN

Vi sarete trovati anche voi,come accaduto a me,

 a guardare il cielo in qualche serata di primavera

o dopo una assolata giornata estiva.

Ma io mi sono innamorato delle stelle dell'inverno.

Brillano di una luce diversa,più  tremula,

come palline di ghiaccio pulsante nell'ombra gelida della notte.

Ma vi siete mai chiesti cosa c’è là in alto?

Cosa c’è  oltre?

Improvvisamente senza saperlo,mi sono ritrovato nello spazio profondo.

Buio e freddo.

Immensamente popolato da ciò  che gli Scienziati chiamano materia oscura.

Per mia fortuna non sono solo.

Desy e Milo,i miei fidi scudieri,che mi amano tanto e mi proteggono con la oro presenza francobollo,sono qui,con me.

Materia oscura.

Una forza ancora sconosciuta che tiene insieme questo universo come una colla che non macchia,non si appiccica alle mani e non puzza di cimice.

Ma c’è.

E adesso?

Adesso si deve tornare.

Ma da che parte?

Ci sono miliardi di stelle,miliardi di galassie,miliardi di strane forme piene di gas

 e polveri,sembrano gelati di panna montata.

Desy e Milo annusano,i tartufi per aria.

Riuscivano a sentire l’odore delle loro amate crocchette.

Ci scambiamo un’occhiata e via.

A zig zag tra pianetini,meteore,comete.

Un viaggio ed una corsa velocissima nel nulla,

sul nulla o forse anche sotto il nulla,senza tempo

e senza spazio.

Arrivati vicino alla Via Lattea,la nostra galassia quasi piatta ed in continua rotazione,ci siamo fermati a guardarla.

Grande,immensa,pulsante.

Ecco,proprio lì,il nostro sole.

E tutto intorno,il nostro sistema solare.

Stiamo respirando la luce delle stelle.

Sembrano vive,ma di alcune vediamo solo la luce che viaggia da miliardi di anni,ma loro non sono più.

Fanno innamorare,noi non le vediamo come sono,ma come le sentiamo dentro.

Via,andiamo.

Milo in testa,corre come un levriero,io lo seguo sul vento solare,Desy in braccio.

E’ piccolina,e un po’ stanca.

Passiamo Plutone,Saturno con i suoi anelli,

Giove e le macchie rosse,Marte il guerriero.

La luna.

Come un diamante solitario sospeso in un incantesimo,la Terra.

La si vede,bianca di nuvole,blu di acqua.

Un pianeta vivo.

Questa è casa.

Casa non è  un agglomerato di calce,cemento,tubi,tegole,fili,vetri,piastrelle,

intonaco,colore ed altro ancora.

Casa e’ “vengo a prenderti,quando torni,ho amici che mi aspettano,fammi le coccole,abbracciami,baciami,ho voglia di te.

Casa e’ sentire il tuo profumo,anche se non ci sei,anche se non ti ho  vista.

Casa e respirare il tuo stesso respiro,ogni giorno,ogni ora,ogni minuto,ogni secondo.

Casa è  viverti.

Casa siamo noi.

Ora.Qui.

 

Ma in questi tempi,in cui la tecnologia ha superato il vivere umano,casa è  in tasca.

Dentro ad un involucro di micro chip,pieno di messaggi,video e qualunque altra cosa.

E tanto silenzio,rotto dal ticchettio delle dita su di una tastiera.

 

Sento i dentini di Milo prendermi la mano

e tirarmi di lato.

Un piccolo punto luminoso.

Si muove.

Non è  una stella,neanche un asteroide.

Qualcosa di metallico che riflette la luce del sole.

Viaggia velocissimo.

Forma strana,si intravedono pannelli,antenne,lunghe braccia meccaniche

 ed una serie di numeri.

Ora ricordo.

La stazione spaziale,sempre in orbita intorno alla Terra.

Sempre sveglia,sempre pronta a regalarci immagini mozzafiato.

Anche noi,in fondo,altro non siamo che occhi di telecamere spaziali,che guardano.

Imbullonate allo stesso corpo,non si toccano,ma sanno che ci sono.

Corriamo,chiediamo un passaggio.

Agito le braccia,si ferma, apre un portello

ed entriamo a fluttuare,sotto gli occhi di un equipaggio troppo intelligente per non capire chi siamo.

Siamo una favola,e si vede.

La voce del capitano è  cortese.

Dove andate?Avete le coordinate?

A questa domanda Desy guarda Milo che guarda me.

Quali coordinate?Ci siamo persi?

Loro non sanno che io conosco una Fatina,

abita in me e vive tra i colori dell’aurora boreale

e lo spazio infinito della sua galassia.

Sempre pronta a piegare lo spazio tempo per farmi entrare nella costellazione che mi ha regalato,piena di amore,sentimento,libertà.

E non mi sono accorto,  mentre ero lontano,a rincorrere il pensiero,di aver mormorato“ 45,39 gradi nord-11,27 gradi est.

Rotta impostata,

Arriviamo.

 

La Storia-inizio….

Quella Domenica di Maggio,Primavera aveva già  preso casa nel piccolo smeraldo e assisa sulla punta di un albero,guardava Erba che sonnecchiava,vestita a festa di poratoline

e viole,cullata da una brezza leggera.

Io in giardino,guardavo le rose che si ergevano  verso il cielo,nella loro prima e fantastica fioritura.

Lilly e Bella,naturalmente,sedute con me.

Anzi,sopra di me.

Scusate,come al solito dimentico le presentazioni.

È  uno dei miei difetti.

Il mio cervello è  sempre in avanti e mi fa dimenticare,non sempre,le buone maniere.

Mammifero umano di sesso femminile.Parte integrante di questa che sembra una favola,ma è  realmente accaduto.

Lilly,meticcio femmina,che il veterinario chiamava”il mio cioccolatone”.

Piccola,rubiconda,pelo foltissimo.Recuperata in un negozietto in una serata di nebbia da far invidia a Paolo Conte.

Bella,meticcio femmina di volpino.

Quando mi trasferii qui,con me arrivò  anche il mio primo,nuovo Dirigente.

Con sorpresa,scoprii che eravamo nati a pochissima distanza.

Sua moglie aveva una passione innata per i cani.

Andammo a trovarli,e in sala avevano installato un recinto,e 5 cucciolini se ne stavano comodamente sdraiati.

Quando apri’ il cancellino,si sparsero ovunque.

Tranne una.

Mi guardava fissa negli occhi.

Mi venne spontaneo inginocchiarmi e aprire le braccia.

Mi corse incontro e me la portai a casa.

Sedici anni di amore viscerale.

Caratteristica?Gelosa e gelosa e poi ancora gelosa.

Dove vai,cosa fai,con chi ti sei visto,perché  esci ancora.

Riusciva persino a tenermi il muso.

Poi mi metteva il tartufo sotto il mento,chissà  perché  proprio lì, e sorrideva.Sorrideva sul serio.

 

Nulla,in quel preciso istante,dava presagi di ciò che sarebbe accaduto subito dopo.

Erano i tempi in cui,alle prime luci dell’alba,ti potevi permettere di portare fuori i cani liberi,soprattutto se ben educati e di piccola taglia.

Era normale.

Un po’ meno normale fu seguire Lilly e Bella ,

che naso a terra,seguivano una traccia.

Passo dopo passo,si fermarono.

Mi chiamarono con lo sguardo.

Tra i fili di Erba che la proteggeva,un minuscolo esserino se ne stava disteso,spaventato più  che mai.

Piccolo,ma tanto,tanto piccolo.

Poche piume in crescita ed uno spennacchiotto in testa.

Breve e veloce consultazione lessicale.

E mentre si macinava sul da farsi,si decise

di provare a salvarla.

Si,perché  divenne femmina,eccome.

Ma se avete la pazienza di leggere,vi racconto tutto.

 

L’abbiamo chiamata Bith.

Big mouth……grande bocca enorme….

 

Primavera

Se guardate il pregevole dipinto di Botticelli,verrete attratti dalla bellezza di Flora,inghirlandata ed elegante.

La veste di una Venere stranamente composta.

I veli delle tre Grazie.

Ma al centro della scena,i cui colori hanno resistito a dispetto dei secoli,pur su tavole di pioppo,in alto,appare Cupido.

Freccia nell’arco,bendato.

In molti non sanno che,per tradizione volgare,

l'arco di Cupido ce lo portiamo addosso.

Nel viso.

Quella piccola fossetta del labbro superiore,proprio sotto il naso.

Da lì  mandiamo segnali di innamoramento e la usiamo,alle volte maldestramente,per baciare in modo appassionato.

Se abbiamo qualcuno da baciare,naturalmente.

Io in giro vedo solo persone prive di emozione,tutte nascoste nel telefono,in cerca di chissà  cosa.

La cercano,alle volte la trovano.

Ma anche in quel caso,spesso,non sono in grado di riconoscerla.

Peccato.

Cupido,ancora oggi,è  convinto di avermi preso,

in un momento di distrazione.

Io invece lo aspettavo.

Quando ho intuito che tipo di freccia mi avrebbe colpito,mi sono spostato perché  mi colpisce perfettamente nel petto.

Il risultato è  che ora non ho più un cuore mezzo vuoto,ma pieno e,ahimè, mille farfalle nello stomaco.

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Quella mattina,Bith ebbe il primo incontro con un palmo umano.Il fatto le sarebbe diventato abituale.Ed anzi,non riusciva a farne senza.

Quando la raccolsi,con la mano a cucchiaio,

si limitò a sistemarsi per benino.

Noi siamo caldi,di temperatura.

Per un esserino che aveva passato parte della notte allo scoperto,senza piumaggio,il tepore era assai gradito.

Ma sono anche convinto che non abbia percepito pericolo.

Il suo messaggio era chiaro:non sono io ad essere tua,ma ora che mi hai trovata,sei tu ad essere mio.

Tutto si svolse velocemente.

Il tempo scorreva e i problemi esistenziali andavano risolti.

Dove la mettiamo?

Cosa mangia?

E domani?

Ringrazio il mio disordine,che alle volte mi fa accatastare cose apparentemente inutili.E la mia memoria visiva,che mi ricorda anche dove.

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Mentre Bith era comodamente adagiata sullo sterno di Xm,nel mezzo del suo seno,che non significa solo scollatura mozzafiato,ma mamma,calore,emozione,io ero preso dalla risoluzione dei problemi pratici.

Casa.

Una rapida discesa della scala a chiocciola e,nel box auto,ho ritrovato un piccolo cestino di giunco intrecciato.

Uno di quelli che,nelle confezioni natalizie,di solito contengono cioccolatini o caramelle.

Proprio a fianco,nello stipetto dei medicinali di emergenza,che cerco di tenere sempre aggiornato,ho preso una confezione di cotone.

Forbici.Una vecchia coperta,residuo di scorribande giovanili sui prati oltrepadani,si ritrovò  con un bell’angolo tagliato.

La adagiammo delicatamente,coprendola.Per un uccellino così  piccolo,che aveva passato forse ore,distante dal calore delle piume materne,era assolutamente necessario riscaldarsi.

Era reattiva.Buon segno.

Se vi trovate in difficoltà, ricordatevi che potete sopravvivere qualche tempo senza cibarvi.

Ma pochissimo senza bere.

Anche in questo caso,l’esperienza maturata con i canidi,venne in aiuto.

Vi sono medicinali che il cane non ama.

Per l’odore ed il gusto.

Vengono forniti con una specie di siringa graduata,a fondo aperto.

Trovato il biberon.

Siringa,senza ago.Certo,senza.

Tutto questo avveniva sotto gli occhi di Lilly e Bella che nel ruolo di primario la prima, di sua vice la seconda, erano sul tavolo a scambiarsi diagnosi e consulti,a suon di tartufo.

La prima goccia d’acqua le inumidi’ il viso.

Agito’ il capo e la spinse via.

Con la seconda,spalancò  il becco.

Provate ad immaginare se voi aveste una bocca con apertura pari alla larghezza delle spalle.

Enorme, molto elastico,che madre natura le aveva fornito nella sua lunga evoluzione.

Una apertura adatta a far entrare il becco rigido dei genitori,per essere imboccata.

Bisognava alimentarla.

Da un lato la soluzione sembrava semplice,

i merli non sono molto selettivi.

Ma Bith è  piccolissima,quindi?

Vicino di casa.

In gioventù era stato pluricampione di tiro al piattello.

Come cacciatore,non aveva sparato neanche una cartuccia.

Mi forni’ un sacchettino di pastoncino ma mi disse che la dieta andava integrata con insetti.

È  Domenica mattina.

Tutti escono di casa,agghindati e lucidi per le funzioni religiose,come se chi abita oltre l’universo,sia pronto a giudicarvi dall’abito e non dalla profondità della vostra fede.Se siete abituati a vedermi in giacca e cravatta,immaginatemi

in T-shirt , braghette e zoccoli,con in mano una paletta da moscerino,che salto a balzi in giardino,come un Samurai,al grido di “ti prendo,mosca,ti prendo”.

E iniziammo ad imboccarla.

Non voleva il manico del cucchiaino.

Non voleva il dito.

Ma per colore e consistenza,amava una sottile striscia di bambù tolta da una tenda della veranda.

 Mangiò oltre la nostra immaginazione.

Ed una volta liberato il tubo digerente,rivolse le testina verso l’alto,e apri’ il becco.

Di nuovo.

Mangiava in continuazione.

Stava decisamente bene.

Ma si presentava il problema:domani si torna al lavoro.

E da qui iniziano le rappresentazioni comiche

 

ORDINE DISORDINATO

Il mio ordine disordinato parte da qui.

A 3 anni ho distrutto la chitarra di mio padre,usandola come cavallo a dondolo.

Amore folle.

A 4 anni ero al Montessori.La mia passione,neanche a dirlo,suonare i campanellini e imparare le note.

A7 anni,quando papà  suonava uno dei suoi violini,me ne stavo sdraiato sul tappeto ad ascoltare.Fino a quando non aveva finito.

E studiavo la posizione della sua mano.

Dopo mi costruirono uno strano aggeggio:

Una latta con appiccicato un manico e degli elastici.

Il manico aveva delle linee disegnate e imparai che se pigiavo col dito,era più  corto l’elastico,il suono  più  alto,in tonalità.

Venne il giorno in cui mi misero davanti uno spartito musicale.

Mistero.

Con molta pazienza,ed in questo mio padre è  stato un santo,come per tutta la sua vita,imparai il solfeggio ed a riconoscere la posizione delle note sul pentagramma.

Iniziava a costruirsi la memoria visiva.

Ne ho letti e studiati tanti,poi un giorno ho comprato il volume delle opere di Bach,scritte per liuto e trascritte per chitarra classica.

Leggendolo non sembrava ostico,suonarlo con la classica ben di piu’.

Se sei una sola anima con il tuo strumento,e con la musica che stai per suonare,magari davanti ad un pubblico,lo spartito non ti serve.

Lo hai memorizzato.In sequenza senza errori.

Poi magari lo lasci in cucina o in bagno,ma lo porti con te e ti ricordi dove lo hai lasciato.

Rigo per rigo,pentagramma per pentagramma,pagina per pagina.

E sei talmente abituato a far tue le cose,che ti ricordi quando,come,dove.

E nel caos più  totale,trovi quello che stai cercando.

Questo torna utile quando,in occasione di una cena con gli amici,ti vien detto “tirami fuori le scarpe,quelle la’”

Gia ‘ il fatto che quelle la’ non sono queste qua,ad un occhio attento,significa ridurre la ricerca del 50%.

Colore? Tacco?Chiuse?Aperte?

Ho amici che non vedo da anni,scomparsi nel box auto,tra scarpiera e scatole,ancora alla ricerca spasmodica di quelle la’.

Io le trovo,di solito al quinto tentativo.

Ma uno dei nostri più  cari amici,ha corso il rischio,molto grosso,di veder naufragare il matrimonio per colpa di una borsa.

Definita “quella col manico”.

Anch’io conservo due paia di quelle la’,due t-shirt logore e talmente grandi,che mi fanno ricordare chi ero e chi sono oggi.Dopo un disastroso incidente in mtb,mi operarono al menisco.Mi imposero un dimagrimento necessario per evitare una protesi ben prima del tempo.Il chirurgo,amico,mi fece seguire l’artroscopia su di un monitor.Me la ricordo,molto bene,e solo il giorno dopo,passata l’anestesia peridurale,mi sono ricordato che il ginocchio del film era il mio.Pause,rewind,delete.

Ma dove la memoria visiva non funziona,e non serve a niente,è  in amore.

Chi vi ama,non ha bisogno della vostra memoria.

Vi sente,vi legge,vi scrive e percepisce anche ciò  che voi non dite.

Vi guarda,anche senza vedervi,perché   è  ben oltre il contatto fisico.

“Mi hai perquisito gli occhi e sai sono pulito.”

L’ha scritto e cantato Baglioni.

Questo è  molto più  importante di una ferrea memoria visiva.

Se la giornata era stata caotica,la serata non fu da meno.Bella e Lilly erano costantemente sul tavolo,col naso a un centimetro da Bith,che se ne stava tranquilla e beata,col pancino costantemente pieno.

La camera da letto si era trasformata in una nursery.

Tovaglia,tovaglioli,carta do ogni tipo,pastoncino,acqua,cambi,ricambi,varie ed eventuali.

Spostare il cestino della merlotta fu un’impresa.

Le due “ girls” di casa si erano gia’ affezionate al punto che toccare Bith,o muoverla,erano azioni soggette al controllo dei loro occhi.

Si decise di farla dormire in luogo a portata di mano.

Poco mancò  che io finissi sul divano.

La notte scendeva ed il buio circondava come una coperta,il sonno degli umani.

Tranne che il mio….

Convincere le due cicciole a dormire nei loro giacigli,in veranda,fu una impresa impossibile.Si sdraiarono ai piedi del letto e Bith,naturalmente,in mezzo ai cuscini.Come si usa,in notti di mugugni e pianterelli,con i bimbi in preda a dolorini di pancia,o dentini che spuntano.Ogni lieve fruscio e’ un allarme.La merlotta,ignara del suo essere, splendidamente selvaggia,si muoveva beatamente spostando le alucce,grattando con le zampette e tentava,ogni tanto,un timido pigolio.Forse sognava,sentiva lontano il richiamo del suo nido,o…aveva fame.

Di fatto quella notte,preoccupato e vigile quanto bastava,mi misi a pensare al dopo.Al risveglio.

E fu un disastro.

Alle prime luci,quando ancora l’alba non si era palesata ed i primi raggi timidi rompevano l’ombrello scuro della notte,Bith incomincio’ ad agitarsi,come natura le aveva insegnato.Tutti in piedi.Sposta tutto,fai il caffe’,cerca gli occhiali,che in questi frangenti non trovi mai,lo fanno apposta,fatti la barba,fatti le doccia,porta fuori le cicciole,cerca calzini e cravatra,che camicia metto,prepara il pastoncino,cerca uno shopper di carta,vestiti che è  tardi.

Cosi’,mi ritrovai in veranda.

In mutande.

In una mano la tazza del caffe’,la schiuma da barba sul viso,lo spazzolino in bocca,e i guanzagli nell’altra mano, mentre Bith,se la raccontava con la sua mamma adottiva,tra un boccone e l’altro.

Ci fiondammo verso il lavoro,tipo rally africano.

E li’ la merlotta incontro’ un altro pezzo della sua vita.

La seconda casa.

Passano i giorni,ed il tempo inesorabile scorre.

In quel  periodo,l’Azienda in cui lavoravamo,

molto florida,aveva realizzato un nuovo palazzo uffici,avveniristico per quei tempi.Acciaio e vetro,di un profondo colore verde bottiglia,sullo stile di quello realizzato a Madrid.Ancora oggi si staglia,nei pressi dall’autostrada,con la sua inconfondibile insegna luminosa.Sono piani di open spaces enormi,ed il rialzato,offriva ampi spazi con divani,poltrone ed un efficiente sistema di proiezione a schermi a scomparsa,per i molti visitatori provenienti da ogni parte del mondo.Un grande mobile in ingresso,marmo e legno,ad ospitare la reception ed i sistemi informatici di comunicazione.

Proprio li’,nascosta sotto una lampada,Bith si diverti’ a crescere,giorno dopo giorno,imparo’ a riconoscere le lingue,i gesti,ed un giorno,in un momento di calma,si avvennturo’ nella vasta hall,e volo’.Pochi centimetri,zompettando.Poi sbatteva le ali,si riposava,muoveva il capo,come per prendere le misure,riprovava.

Dopo pochi giorni,si divertiva ad aggrapparsi ai tendaggi,nascondendosi.Anche a casa le cose cambiarono,Dal cestino ad una ampia gabbietta,in cui sostava solo per dormire.Il giardino divenne il suo regno e,sotto gli occhi attenti delle sue nonne,Lilly e Bella,si divertiva a saltare da un ramo ad un altro.

Me il suo passatempo preferito,era lo schermo del note book.Si appollaiava sul bordo ,ferma a guardare le immagini che scorrevano.Aveva le sue preferite: i giochi di puzzle.Si metteva sulla tastiera e li beccava,con grande felicita’ dei tasti,che ne facevano le spese. Tutto procedeva al meglio.Ma un giorno…..

Era una tranquilla mattina di fine Giugno.Temparatura gradevole,sole,una leggera brezza che muoveva le foglie verdeggianti e un cielo limpido,senza nuvole.Una immagine da cartolina.Gia’ alle prima luci dell’albeggiare,Bith e le cucciole si erano allertate.La veranda aperta,i primi voli e lo zampettare in giardino.Un quarto di mela,due coccole e via,a passeggiare nel parco.Nel silenzio del profumo di caffe’.

Quel giorno io avevo un impegno di lavoro,Xm invece andava dal dentista,per un controllo.Casa era sotto controllo,dal basso e dall’alto.

Mi trovavo ad un tavolo,con altri,quando sentimmo il primo colpo.Come se qualcosa di violento fosse precipitato all’improvviso su uno dei tetti della factory.Neanche il tempo di chiedersi cosa fosse e si scateno’ l ‘inferno.

Grandine grossa come palle da tennis,in quantita’ immensa,scendeva a velocita’ incredibile,rompendo tutto cio’ che incontrava.Un rumore tremendo,mentre i tetti delle linee di montaggio venivano bucati,come da proiettili.Gli addetti ai carichi,stretti dentro ad un grosso muletto che fortunatamente aveva un telaio in acciaio,tetto compreso.Furono minuti di paura e ansia.Il pensiero di tutti era rivolto in Azienda,ed anche a chi era fuori.Tutto si esauri’ cosi’ come era incominciato.Suonarono le sirene,tutti via.Non vi furono feriti,per fortuna.Il parcheggio,con migliaia di auto,era il risultato di un specie di bombardamento.Vetri ovunque,macchine distrutte.Con le poche rimaste,organizzammo un serpentone,suddiviso in zone,per portarci tutti a casa.Strade bianche colme di grandine e anbulanze che transitavano a fatica.I telefoni erano muti.Arrivato a destinazione,trovai le cicciole nascoste sotto il tavolo.Ne mancavano due in casa.

Un rapido sgurado in giro.

Su un palazzo di fronte,vidi una scala appoggiata su un balcone.Bith era sul tetto e Xm,con yanta forza e coraggio,tentava di convincerla a farsi prendere.Spaventata,era scappata verso un rifugio,dalla gabbietta che si era ribaltata.

Ci furono tentativi disperati per farla ritornare,ma Bith volava,da un tetto ad un altro,da un ramo ad un altro.Poi svani’ nel nulla.

Lasciammo Lilly e Bella libere,ma col loro fiuto magico,non riuscirono a trovare una traccia.

Passammo il pomeriggio in tentativi vani.

Solo ipotesi,ma nulla di buono.

Arrivo’ il tramonto,di quelli che mi affscinsno da sempre.

Nuvole rosate,con qualche raggio dorato.

Se era un presagio,lo è  stato.

In silenzio,noi quattro girammo alla ricerca del più  minuto degli indizi,mentre con voce amica,Xm chiamava…..Bith…..

Rispose alla voce,con un sottile cip.

Era nascosta in un buco di un muro sassoso.

Sola,affamata,in preda a chissa’ quali pensieri.

Si accovaccio’ tra le mani,tra le leccate delle cicciole,ed il nostro stato d’animo più  tranquillo.

Mangio’,sistemammo un nido confortevole tra le sue amiche a quattro zampe,e lasciammo che un sonno ristoratore ci portasse lontano,da una giornata cosi’ difficile.

I giorni successivi Bith era in perfetta forma.Il suo solito comportamento sbarazzino,il gioco del volo,lo zampettare,peluccare in giro,accovacciarsi sopra a Lilly,come fosse il suo divano preferito.

Ricordo come fosse adesso,cosa accadde.

Fece i suoi soliti giri,poi si fermo’ a fissarmi.

Non lo aveva mai fatto,con una tale profondita’.

Uno sguardo intenso,dritto nei miei occhi,i miei nei suoi.

Non ho idea della durata di quello sguardo,perche’ il tempo si era fermato.

Bith mi stava raccontando di se stessa,di cio’ che era stata,di cio’ che era,di ciò  che avrebbe affrontato nel futuro.

Ed in profondita’,mi fece capire il suo essere selvaggia,naturalmente selvaggia.

Il giorno dopo,in uno splendido mattino,volo’ sul tetto di fronte.

Volgeva il capo di lato,come a fotografare punti di riferimento.

Poi alzo’ il becco,come a fiutare l’aria,apri’ le ali e volo’.

Dritta verso nord,in direzione di boschi e montagne.

La seguimmo con lo sguardo,divenne un puntino lontano,poi spari’.

Era in rotta,per incontrare il suo destino.

Per  incontrare la sua liberta’.

 

Forse,non l’avremmo piu’ rivista….

-

Riponemmo tutto con cura,non in modo disordinato,come mio solito.

Sembrava tutto finito e per giorni,il pensiero tornava a quell’esserino minuto che ci aveva colorato la vita.

Restavano le foto,fatte con una macchina fotografica del tempo,ed i negativi finirono tra le cose,da non dimenticare.

E nessuno li ha dimenticati.

Passarono quasi due anni,ed un mattino ci aggorgemmo che un merlo maschio,nero,col becco giallo come gli occhi dalla pupilla nera,gettava il suo sguardo,quasi inquietante,sul giardino.

Appollaiato sul cancello,era come di guardia,pronto all’azione.

Verso il tramonto,vedemmo un’ombra salire le scale,saltando,avvicinandosi alla veranda.

Dall’aspetto elegante,una merlotta di un colore scuro,scrutava nel vetro.

Fummo gelati da un silenzio emotivo.

Inconfondibile,il ciuffo di piume più chiare che portava sul petto,ci fece capire chi era.

Bith.

E la dimestichezza che aveva,nel girare sicura tra i rami dell’ulivo.

Nel mio  immaginario,non avevo trovato un sogno,tale da superare la realta’.Allevarono un loro merlotto,quando fu abbastanza forte,volarono via.

Come era giusto che fosse.

Negli anni successivi,contammo altre tre merlotte,con ciuffo chiaro sul petto.

Non importa chi siamo.

Importa cio’ che di bello

 lasceremo in memoria,

della nostra vita.

 

 

 

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