Nell’alta notte sento tra i queruli
trilli di grilli, sento tra il murmure
piovoso del Serchio che in piena
trascorre nell’ombra serena,
là nell’oscura valle dov’errano
sole, da niuno viste, le lucciole,
sonare da fratte lontane
velato il latrato d’un cane.
Chi là, passando tardo per tacite
strade, fra nere siepi di bussolo,
con l’eco dei passi, in un’aia
destava quel cane, che abbaia?
Parte? ritorna? Lagrima? dubita?
ha in cuor parole chiuse che batton
col suono d’alterno oriuolo?
ha un’ombra, ch’è sola con solo?
Va! Va! gli dice la voce vigile
sonando irosa di tra le tenebre.
Traspare dagli alberi folti
la casa, che sembra che ascolti…
come tra il sonno, chiuse le palpebre
sue grandi… L’uomo dorme, ed un memore
suo braccio, sul letto di foglie,
sta presso la florida moglie.
E dorme nella zana di vetrici
la bimba, e gli altri piccoli dormono.
S’inseguono al buio con ali
di mosche i loro aliti uguali.
Uguali uguali, passano tornano
con ronzìo lieve, dentro le tenebre
cercandosi: e l’anime ancora,
si cercano, sino all’aurora,
per le ignorate lunghe viottole
del sonno; e al fine si ricongiungono;
e scoppia sul fare del giorno
l’allegro vocìo del ritorno.
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