LA TRAGEDIA DELLE FOIBE

Affoga un urlo, come affoga allora,

e in un silenzio truce,

che copre quel flagello, un mal che ancora

a questa arresa luce

 

non fa processo, prono e penitente.

Il crimine efferato

che fa del sangue umano ed innocente

orgoglio più spietato.

 

Legavano la gente e poi spararono,

dinanzi alla gran fossa,

colpì, tra tutti il primo, seguitarono

quegli altri ed ancor scossa

 

la vita, che dall’uomo è vilipesa

nella sua dignità,

che l’uomo strappa a questa vita, arresa

a oscura crudeltà.

 

E tutti furono ossa, dopo il pianto,

nessuno seppe più

chi fu di quella gente e né il compianto

cordoglio avran laggiù.

 

Avranno avuto gli occhi disumani,

nel fremito del male,

non più i parenti stretti, ormai lontani,

né amici, al capezzale,

 

ma solo, ultimo sguardo, il furibondo

di chi compì il massacro,

gettando l’innocenza allo sprofondo

ascoso a ciò che è sacro.

 

Ed ora, tutto tace e tutto è vano

parlare di dolore,

di un crimine oltraggioso e disumano

al pozzo dell’orrore.

Poesia pubblicata all'interno della raccolta "Voci Vaganti per l'Italia per la storia e per il mondo".

comments powered by Disqus