Eravamo noi storie del 900 di Stephen

Eravamo noi storie del 900 di Stephen
 
Saga
 
Confy,era seduto in giardino,in una zona in ombra,tra il ciliegio datato ed una nuova pianta di amarena.
Sussurrava,tra le labbra,seguendo la melodia che la radiolanciava al vento di primavera. Una melodia operistica,tra archi e timpani,che facevano volteggiare le foglie di verde intenso.
La sua vita era un romanzo,piena di arte,musica,disegni,polvere di marmo. Un’ avventura,cosi'come noi la sognamo...
Nato a fine 1800,da una famiglia dal cognomeantisonante,in Toscana,aveva seguito i suoi amori: il marmo bianco di Carrara,la sua voglia di realizzare le sue
idee,uno spirito indomabile,alla faccia degli avvenimenti anche tragici,che lo avevano accompagnato. Mi raccontava...Quando il fango ti entra nelle ossa,cammini rintronato dalla granata che ti è scoppiata vicino.Ti chiedi cosa ci fai in una trincea puzzolente,mentre i moribondi si lamentano e chi tace,è morto.
Quasi rapito su una tradotta,seguendo i cavalli,prima nelpiacentino e poi in lombardia.
Ero troppo giovane per capire.NGuerra,non inventata,ma quella vera,a colpi di baionetta,assalti all’arma bianca. Qualcuno si sparava ai piedi,per farsi portare in infermeria.Altri mangiavano il toscano,aspettando che l’infezionearrivasse con un gran febbrone.Di molti amici ho perso traccia.Un giorno ho pensato,se torno,la prima cosa chefaccio,sara’ scolpire un angelo,per tutti quelli che holasciato li’.Sono tornato,lasciando un ricordo amaro nel cuore.Ho comprato un terreno con una casupola ed un fossato.Fuori citta’,dove costava poco.E tutto ebbe inizio,come se altro nella mia vita nonesistesse.Come se mi avessero salvato,per fare cio’ che ho fatto...Mi guarda.“Sei pronto?Partiamo...Arrivati a Viareggio,ti porto a vedere il teatro di Puccini...Cosi’ impari a suonare meglio...”Sorrideva divertito,quando strimpellavo il rock sentito a Londra.Poi un giorno decise di farmi diventare grande.
Mi regalo’ uno spartito di J.S.Bach.
Ma questa e’ un’altra storia.
 
Mario girava per la citta’,per i paesi,le frazioni.Si fermava tra gli artigiani,le piccole imprese edili,i costruttori di mobili,i bar,i negozi.
Cercava il lavoro,cosa essenziale per mantenere attiva lasua attivita’ appena germogliata.Lo fece con educazione,rispetto,ma con quella determinazione che gli era naturale. In un piccolo centro,gli commissionarono alcune targhestradali.Erano quei rettangoli di marmo bianco,che ancora oggi vediamo,ormai sporchi e datati,cementati in alcuni angoli delle strade. Aveva una tecnica sopraffina,nel disegnare le lettere sul marmo,a mano libera. Scavarne i contorni con lo scalpello,rifinire con le raspe adatte,verniciare,lucidare tutto a mano.
Acqua e pietra pomice. Non si limito’ a questo. Aggiunse un dettaglio personale.Ogni targa aveva un fregio,una foglia,un disegno ad ornamento,come abbellimento artistico.Ma nel cuore sensibile,portava il ricordo di cio che vedeva  tra la polvere e la ghiaia. Troppe madri vestite di nero,troppe mogli e ragazze,che portavano il lutto al braccio. Si radunavano ogni giorno alla stazione ferroviaria,in attesa di una lettera,un cappello,una ciocca di capelli,inviata da
chi non sarebbe mai tornato. Del suo amico più caro,rimaneva una croce in legno,nelcamposanto. Prese il marmo,ne scrisse il nome. Il mattino successivo,porto’ la pietra sulla tomba,tra le lacrime che gli scendevano copiose. Da quel giorno ne scrisse moltissime,nel ricordo indelebiledi una cosa inutile e vigliacca.
La guerra.
 
Un giorno,stavamo percorrendo l'autostradaverso Genova,il vecchio tracciato tutto curve,incui io mi divertivo.Mi chiese,improvvisamente:”Tu che hai studiato
a Londra e hai calpestato il green grass diCambridge,spiegami il Big Bang”.Mi lasciò parlare pochi minuti,e riprese:” Mi staidescrivendo gli effetti,va bene.Spiegami la causa.Cosa c’era prima...”.Molti anni dopo,scoprii in un testo postumo diHawking,che anche lui,scopritore e teorico dei
buchi neri,si era arreso. Vi era qualcosa di inspiegabile,nella vita dell’universo ed in altre cose.
Qualcosa di misterioso,qualcosa di divino. Continuo’:”Hai mai visto un sentimento? Non credo. Ne vedi gli effetti.L’amore è la stessa cosa.Vogliono chiuderlo in un guscio di molecole,affinita’ chimica. Faranno la stessa cosa con i robot,cui non insegneranno mai il libero pensiero,il libero arbitrio.Ne’ avranno mai l’inventiva del cervello umano. Nel frattempo,trasformeranno gli umani inmacchine,dipendenti dalla tecnologia....”.Guardava lontano,sospirando. Aveva trovato un paesino sul mare,con tanto di mura e castello. Divenne il suo,anche nostro,rifugio di pensieri,giornate di svago,estati ed inverni di spensieratezza.
Di quel luogo sapeva tutto. Anche l’antica chiesa era stata esaminata,un patrimonio secolare da conoscere. Quando il nostro tempo terreno si
esaurisce,lasciamo ricordi. Confy ci lascio’ i due cardini fondamentali della sua vita “Ricordati che sei un nessuno.
Ricordati che sei ignorante”. Un “nessuno”,non dice mai’io sono,io faccio’. Vive,nella privacy del suo Io e lo coltiva.
 
Non alza la voce,ascolta,si esprime in modo garbato,se pur determinato nel sostenere le sue opinioni. Le cose le pensa e le realizza.Non per esaltarsi
agli occhi altrui,ma per il bisogno di migliorarsi. In quanto all’essere ignoranti,qualcuno non loè?
Sapere ed essere informati,è essenziale. Confy,ogni tanto,si regalava un librone. Letteratura ad ampio spettro. I suoi preferiti,erano raccolte di testi,disegni o
fotografie di dipinti o statue antiche. Ne studiava i tratti,le ombre,le espressioni. Era curioso,di quella curiosita’ dettata da sensibilita’,elasticita’ mentale ed intelligenza. Una forma di filosofia di vita. Pur sentendosi,perennenente,ignorante. Le bimbe crescevano,col passare del tempo,giocose e frizzanti,tra le cure di
mamma,ed i colpi di martello di papa’.Il lavoro era di molto aumentato,al punto che Confy si prese due giovani apprendisti. Uno avvezzo a trasportar pesi,l'altro,alto con tratti principeschi,figlio di umile famiglia,sapeva disegnare,col carboncino,su qualunque tipo di superficie. Trasformo’ i disegni in bassorilievi,fregi e greche. Sino ad avventurarsi,sotto la guida del Mastro Marmista, a realizzare piccole statue,dalle espressioni molto toccanti.
Ora la casa ed il laboratorio erano troppo stretti. Era giunto il momento di allargare l’orizzonte. Iria,era stata fondata dai Romani,All’epoca di
Cesare. Posizionata ai piedi degli appennini liguri,dovela via Postumia girava verso est,tagliando lapianura padana di traverso,sino ad Aquileia.
Divenne un ‘Municipium’,con tanto di guarnigione,da cui partirono gli eserciti, alla conquista della Gallia Cisalpina. Ne abbiamo conferma in una citazione di Plinio
il Vecchio. Nel corso dei secoli,per la sua posizione strategica,subi’ vittorie e sconfitte,come gran parte dei luoghi italiani. Divenne,insieme ad altre,una trafficata “Via del Sale”,che la rese conosciuta e popolata.Ma le vicende legate alla nostra storia,si concentrano in tempi più recenti,a partire dal1850. Iniziarono la costruzione di una caserma di cavalleria, enorme,per quei tempi. Ospitava 4000 cavalli,il personale militare e quattro nuclei di fanteria. Una vera rivoluzione tecnologica e sociale. Inaugurata nel 1858,ora è sede di istituzioni ed un museo storico(che ospita la vettura,crivellata di colpi,del Generale Dalla Chiesa).
Di quel periodo,rimane la Chiesa della Cavalleria,tempio nazionale dell’Arma. Nella stessa occasione,Iria fu innalzata al grado di Citta’. In conseguenza,fondarono un Istituto Bancario locale,con la partecipazione azionaria popolare. Nel frattempo,il sistema ferroviario veniva aggiornato ed incrementato. Unirono i vari tronconi,sino a realizzare la Milano-Genova,e la Torino -Piacenza-Bologna. Le due linee si intersecavano proprio a Iria. Divenne nodo ferroviario di importanza
nazionale. In questo contesto,Confy non ebbe difficolta’ a reperire mano d’opera e denaro. Il piccolo laboratorio,divenne Impresa Artigiana per la lavorazione del marmo.
 
(continua)
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